“CHI TROPPO LAVORA (non fa l’amore)” è l’ultimo singolo in ordine cronologico di Johnson Righeira. Scritto e prodotto insieme ad Albi e Carota de Lo Stato Sociale, Edo Castroni e lo stesso Johnson Righeira, il pezzo riprende lo spirito libero e anticonvenzionale che ha sempre caratterizzato l’artista, fondendolo con sonorità pop in perfetto stile anni ‘80 e un testo che sa di sabbia, sdraio e cocktail al tramonto. Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato Johnson, e con lui abbiamo parlato di questo ultimo banco ma anche dei nuovi progetti. Righeira inoltre, ci ha raccontato di come è nata la collaborazione con i Coma_Cose al 75° Festival di Sanremo durante la serata delle cover con il brano “L’estate sta finendo”.
Intervista a Johnson Righeira
Johnson, “Chi troppo lavora non fa l’amore”, è il tuo ultimo singolo. Come nasce questo brano?
È un brano nato da un’idea di Albi e Carota de Lo Stato Sociale, l’hanno credo pensato proprio su di me dopo che c’eravamo conosciuti e quindi a me è piaciuta molto l’idea, abbiamo cominciato a lavorarci insieme anche con Edo Castroni.
Ecco, cosa ti ha colpito della loro visione musicale?
È un po’ la stessa cosa che è successa a Sanremo con i Coma_Cose, ovvero il confrontarmi con delle realtà chiaramente molto più giovani, molto più attuali, che però hanno un background molto simile a quello righeiriano, cioè una provenienza underground e poi uno sbocco nel pop, quello moderno, che è quello che fanno i Coma_Cose, quello che ha sempre fatto Lo Stato Sociale, è quello che hanno sempre fatto i Righeira e Johnson Righeira, per cui è stato quasi fisiologico. È bello pensare a qualcosa che in qualche maniera abbia a che fare con gli anni Ottanta, lavorandoci però con persone che negli anni Ottanta o erano appena nate o addirittura non lo erano ancora, perché la loro visione del sound Ottanta è sicuramente molto più moderna, molto diversa dalla mia.
Gli anni Ottanta appunto, il brano ha un’anima proprio degli anni, ma suona super contemporaneo. Quanto ti diverte giocare con il tempo, con i suoni, con i messaggi?
È sempre sempre stata una caratteristica, mi sono sempre dichiarato e mi dichiaro tuttora futurista, per cui per me il tempo, più che il passato, è sempre il futuro, quindi mi sono sempre divertito, anche cercando di usare una certa ironia, a lanciare delle piccole provocazioni, a dire le cose apparentemente idiotiche, che poi alla fine si scopre non esserlo così tanto e quindi, per dire una cosa che potrei dire, per esempio, io ho sempre sognato la macchina del tempo, ecco, se avessi un giorno una macchina del tempo, andrei da Filippo Tommaso Marinetti e gli fari ascoltare i Kraftwerk, per cui ecco, questa è un po’ la mia idea del tempo, di giocare col tempo.
Il titolo: chi troppo lavora non fa l’amore, è quasi una dichiarazione filosofica, no? Sei sempre stato un anticonformista, d’altronde. Oggi che rapporto hai con la frenesia e con la produttività, a tutti i costi?
Parli con uno che col passare del tempo è peggiorato ancora, cioè io quando devo partire mi sveglio già con l’ansia, a volte devo prendere delle gocce per calmarmi, fare la valigia, vado in confusione e non riesco a far nulla perché ho bisogno di calmarmi per riuscire a a fare le cose che devo fare per preparare la partenza. Nonostante mi dichiari un futurista, il mio rapporto con la fretta e con l’eccitazione e l’agitazione è sempre stato pessimo. Sono uno tendenzialmente pigro e soprattutto molto lento, quindi mi piace lavorare con lentezza, come diceva Enzo del Re.
Se dovessi darci tre consigli pratici per vivere alla Righeira, cosa ci diresti?
Ah, questa è una bella domanda. Consigli pratici, beh, non prendere niente troppo sul serio, non fare oggi quello che puoi fare domani e non aver paura di innamorarsi troppo.
Sono trascorsi 40 anni da un brano celebre come Vamos alla Playa, eppure il tuo stile continua ad evolversi di volta in volta. Come si mantiene viva una scintilla?
Ma è la scintilla del pop. È un genere che riferendosi in qualche modo a quella realtà che ti circonda, ha nella sua dimensione più popolare, anche più colorata, e per sua natura cambia in continuazione col cambiare della realtà. Quindi non c’è da fare niente, soltanto prendere atto e prendere ispirazione da quello che c’è intorno.
Ti abbiamo visto allo scorso Festival di Sanremo 2025 con i Coma_Cose per una versione da brividi di L’estate sta finendo. Com’è nata quella collaborazione?
Intanto la collaborazione con i Coma_Cose è nata perché il mio staff ha proposto appunto alle varie case discografiche, l’idea di eseguire L’estate sta finendo in occasione del quarantennale nella serata cover. Questa cosa è arrivata all’orecchio dei Coma_Cose che hanno subito deciso, accettato e hanno voluto farla.
Che effetto ti ha fatto tornare su quel palcoscenico?
Mi ha riempito di felicità perché io li conoscevo già prima e li stimavo molto, anzi direi che questo accoppiamento era il migliore a cui potessi ambire in questo festival. Tornare sul palco di Sanremo ovviamente, insomma, quel palco lì è un palco particolare. Se tu vai all’Ariston a fare un concerto, normalmente in un’occasione qualsiasi, è un palco come tutti gli altri. Se ci vai durante Sanremo è un palco che ti dà delle vibrazioni, delle emozioni pazzesche. Poi per me questo ritorno, oltretutto poi da solo dopo tanti anni, dopo quasi 39 anni da quando ci andai con Michael nell’86 a cantare Innamoratissimo in gara quella volta, è stato un miscuglio. Calcolando che poi all’ultimo momento mi hanno fatto girare una mia maglietta, al contrario una mia maglietta con una scritta tipo quella che ho addosso, che vabbè questo è il titolo del pezzo, ma una maglietta con una scritta fatta a girare al contrario, mi ha fatto incazzare molto questa cosa.
Beh come Tony Effe che gli hanno fatto togliere la collana.
Sì però quella costa 70 mila euro, io indosso accessori come i miei occhiali, roba che costa 2 euro, 1 euro e 80, roba cinese che prendo online.
Dal 2019 sei tornato con una serie di progetti interessanti, tra cui anche un pezzo per Lo Zecchino d’Oro. Ti senti in una nuova stagione creativa?
Tutto è cominciato esattamente a fine 2019 quando ho affittato un piccolo spazio all’interno di una cascina in provincia di Torino. Al piano di sopra abitavano una coppia di amici, ero lì quando è stato annunciato il lockdown e io in quel momento ho deciso sapete che faccio? Io rimango qua. In quel momento io ho cambiato completamente per l’ennesima volta la mia vita, ma senza averlo premeditato, abbandonando una casa con tutte le mie cose a Torino e facendoci ritorno sporadicamente, portando poi pian pianino delle cose magari che mi servivano, portandole lì in campagna. E questo periodo di lockdown che io ricordo, devo dire quasi con una certa nostalgia, perché è stato un periodo in cui nel silenzio assoluto di questa bellissima campagna canavesana in cui mi trovo mi sono un po’ ripulito la testa da tante stronzate e sono tornato a progettare, mi sono tornate idee, mi è venuta voglia di fare delle cose in vari ambiti, non soltanto quello musicale, mi è tornata voglia di fare, ecco, questo si sta praticamente realizzando anche nell’ambito musicale, quindi sono molto felice, sì, ho voglia di fare un po’ di robe, ho fatto la mia etichetta, faccio un vino, faccio una linea di magliette e pare che sia arrivato il momento di fare anche dei pezzi nuovi.
Se dovessi scegliere un artista della scena moderna per un featuring, chi sceglieresti?
Guarda, il mio sogno sarebbe andare in gara al Festival di Sanremo in coppia con John Joseph Lydon, noto anche come Johnny Rotten, ecco, se riuscissi a fare una cosa del genere, io smetto perché più di questo non posso fare.
Tornando indietro con la memoria, ai tuoi primi concerti, al tuo primo proprio lavoro nel mondo della musica, ricordi cosa ti sei regalato col primo guadagno?
Guarda, se devo dirtela tutta, il primissimo concerto della mia vita, che fu una cosa, credo nell’80-81, a Firenze, al Casablanca, che era un locale underground dell’epoca, ero talmente terrorizzato dall’idea di fare questo concerto da solo con le basi, con i miei primi pezzi di stile anni 60, che spesi tutto quello che avrei guadagnato per comprare strumenti musicali giocattolo e pagare le spese ad alcuni miei compagni di classe che vennero con me sul palco a far finta di suonare, questo è il modo in cui ho impiegato, ho speso tutto il cachet per non essere da solo sul palco.
Se potessi organizzare la tua estate ideale all’insegna dell’ozio, dell’amore, dove ci porti?
Sicuramente in un’isola che abbia il mare bellissimo, qualche trattoria, qualche vineria e magari anche, magari due o tre discoteche discobar, così, per andarci, ecco una roba tranquilla, senza auto, solo biciclette e scooter al limite o monopattini.
Per chiudere, chi troppo lavora non fa l’amore, cosa dovremmo tutti iniziare a fare oggi stesso?
Beh sicuramente al di là del messaggio del titolo della canzone, vivere con meno frenesia io sono andato in campagna quindi sicuramente vivo con molta meno frenesia, sono i ritmi della città stessa, tu puoi essere in città e non fare un cacchio, ma è proprio la città stessa che ti porta comunque dell’agitazione, se in campagna anche se fai delle cose c’è un mood molto diverso, più slow, questo vale anche per il cibo, per il vino, c’è la filosofia. La lentezza ti permette di apprezzare i dettagli che ovviamente spesso non si notano per la velocità a cui si va.