Giuseppe Cacciapuoti, in arte Revelè, è un giovane artista partenopeo che si affaccia sulla scena musicale portando brani che spaziano dal pop elettronico alle sonorità urban. Il suo secondo singolo, uscito il 10 ottobre, si intitola Himalaya. Scopriamo insieme cosa ci ha rivelato su questo brano e sui progetti futuri.
Intervista al cantante Revelè
Nato a Napoli nel 1997, Revelè ha iniziato la sua carriera come attore per poi dedicarsi totalmente alla musica. Il suo singolo “HIMALAYA”, distribuito da Artist First e prodotto da Mario Meli (produttore di artisti come Annalisa, Alfa e Clementino), racconta un po’ la storia di tutti noi, di chi ha un sogno e fa di tutto per realizzarlo.
Revelè da dove nasce la sua passione per la musica?
“La mia passione per la musica è nata molto presto. Ho pubblicato il mio singolo a 28 anni per tanti motivi. Probabilmente per una presa di consapevolezza. Prima, e ancora tuttora, sono un attore. Però la vita mi ha messo sulla strada di Roma mentre facevo l’attore. La mia passione per la musica risale a quando ero piccolo grazie a mio padre che era un appassionato di rock americano e grazie a mia madre, cantautorato italiano.
In quel periodo, ho iniziato a studiare da autodidatta la chitarra elettrica di mio padre. A 14 anni mi sono trasferito da Napoli Nord (Scampia) nella zona tra Milano e Bergamo, dove ho cominciato a fare il DJ e a studiare musica elettronica. Credo di esserci nato nella musica, anche perché sono un ex balbuziente: la musica mi ha permesso di sentirmi a casa, in un certo senso”.
E invece la scelta del nome d’arte Revelè?
“Ho scelto Revelè in un momento nostalgico della mia vita. Mi trovavo a Bergamo e ricercavo Napoli, cosa abbastanza impossibile, in quello che vedevo. Mi sono reso conto che tutto quello che cercavo di Napoli era in realtà custodito nei miei ricordi, dentro di me.
Allora ho accettato il fatto che la vita ti mette di fronte a determinate strade e bisogna seguirle. Quella sera, chiudendo gli occhi e accettando i miei ricordi, ho pensato che il nome più adatto fosse quello di ‘rivelare se stessi’, da cui Revelè.
Il 10 ottobre è uscito il tuo singolo Himalaya. Ce ne parli?
“Il mio primo singolo è stato O mar, O mar. Himalaya è il mio secondo e parla delle origini. In realtà tutti i miei brani fino all’EP saranno in napoletano e affronteranno questo tema. Himalaya parla del sogno che è in ognuno di noi. Tutti abbiamo un obiettivo, ma durante il percorso si possono avere delle cadute e si può pensare di non farcela. In realtà penso che proprio quelle cadute ti permettono di capire essenzialmente qual è la strada giusta per te e trovare, non una scorciatoia, ma una strada diversa. Mi sono immaginato questo Himalaya come il sogno di ognuno di noi. Mentre l’obiettivo è come una montagna da scalare.
Nel singolo ho inserito la voce di mia sorella gemella, in arte Mema, che ha studiato alla NAM di Milano. La sua luce serve a evocare il fanciullo, quel bambino che parla a se stesso. Infatti c’è un pezzo nella canzone che dice: ‘Sogno, sogno mai. Quando sogno, sogno mai. Quel cielo che ci apparteneva’. Qui mi riferisco a Napoli, ma anche ai ricordi che ci formano e ci guidano verso il nostro obiettivo”.
Quanto c’è di autobiografico nel brano? Per te cos’è l’Himalaya da scalare?
“Tutto. Sono dell’idea che ad ognuno di noi piace un genere, un cantante che riesce a raccontare un pezzo della nostra vita. E lui stesso sta raccontando un pezzo della sua. Anche io cerco di raccontare qualcosa di mio che può essere diverso da qualcun altro. Per me l’Himalaya è vivere di arte: riuscire a fare i miei concerti, a esibirmi in Piazza del Plebiscito, a Sanremo.
Vivere di questo mestiere e stare bene attraverso questo. L’Himalaya, l’ho rappresentato proprio così alto perché penso che nella vita siamo esseri umani, esseri mortali che vivono 80, 90 anni, 70 chi è un po’ meno fortunato. E penso che tu ogni anno, ogni 5, 10 anni devi sempre avere più obiettivi nella vita. L’essere umano senza sogni e senza obiettivi è qualcuno che va via col vento.
Se hai un sogno e un obiettivo, è giusto perseguirlo, anche se la vita a volte decide per te. Per me L’Himalaya, astrattamente è stare bene nella vita e vivere di arte. Da un punto di vista fisico è fare il maggior numero di concerti, esibirmi e riuscire a mettere in scena ciò che ho in testa, cosa che a volte è difficile trascrivere”.
Nel videoclip di Himalaya hai in mano un fumetto di One Piece e una bussola. Ti sei ispirato anche a questo personaggio?
“La mia generazione (dal ’95 al 2005), è la generazione figlia del pop, degli anime e manga. Sono cresciuto con Dragon Ball, Naruto, One Piece. Ognuno di loro racconta di un eroe. Un grande scrittore, Christopher Vogler, scrisse ‘Il viaggio dell’eroe’ che parla di questo eroe che cade e si rialza.
Ho voluto inserire Luffy (o Rubber nell’adattamento italiano) nel videoclip perché sono un appassionato di questo mondo e perché è uno dei pochi eroi che affronta le avversità sempre con il sorriso. E la diversità che ha creato Eiichirō Oda è il fatto che non è un basato sul combattimento ma sul vivere un viaggio con i propri compagni. E sorridere alle avventure che verranno“.
C’è un cantante a cui ti ispiri o con cui ti piacerebbe collaborare?
“Come tanti napoletani mi ispiro a Pino Daniele ma purtroppo collaborare non si può. Come artista internazionale ti dico Stromae perché è uscito a raccontare la disperazione nei suoi brani. Sono molto pesanti ma hanno una musicalità felice da ‘Papautai’ a ‘Alors On Danse’. Sono tutte canzoni che in realtà raccontano qualcosa di triste. Papautai racconta di dove sei papà. Quindi Stromae mi ha sempre affascinato molto e mi affascinerà sempre. Come cantante italiano, per l’interpretazione e per il modo di essere, Mahmood”.
Hai dichiarato in un’intervista che ti sei presentato per un provino di X Factor. Cosa pensi dei talent?
“Il mondo dei talent è particolare. Rappresenta un’ottima strada per quanto riguarda la formazione, ti prepara a qualcosa di grande, e offre possibilità di essere visto a livello nazionale e di avere una visibilità molto rapida. Allo stesso tempo, credo che uno scrittore o cantautore abbia bisogno di tempo, e in un contesto di show business tutto avviene in soli sei mesi.
I grandi cantautori italiani (Pino, Rino Gaetano, Battiato, Mogol) hanno scritto i loro testi più significativi dopo i 35-40 anni non per una questione di vecchiaia ma per una questione di esperienza di vita. Più cresci, più vivi e più automaticamente riesci a trasmettere quello che hai vissuto. X Factor è un percorso bellissimo, come tanti altri talent, ma non va vissuto come unica chance. Può essere un tassello di una carriera di un cantante perché comunque ti dà delle basi molto valide”.
Progetti futuri? Area Sanremo?
“Abbiamo deciso di non fare Area Sanremo. Il prossimo progetto uscirà probabilmente tra 2-3 mesi, con conseguente live, show, aperture di concerti. Avevamo pensato a Sanremo ma per la televisione devi sottostare a una velocità molto precisa e in questo momento, essendo ancora nella mia fase di ‘fondamenta’ (siamo solo al secondo brano), credo sia necessario rallentare e fare le cose con calma. Una scelta in controtendenza con il ritmo dei social. Voglio prima creare un’identità ben precisa”.
Qual è questa identità? Hai già scritto altri brani?
“Si, ho già pronti altri quattro brani. La decisione di fare musica risale all’adolescenza: ho sempre scritto e ho deciso col tempo di dire, prima o poi arriverà il momento. E penso sia il momento giusto. Ho molto a cuore l’emozione, sia mia che quella di chi incontro.
Per trasmettere qualcosa devi essere in pace con te stesso e aver metabolizzato le esperienze. Penso che la scrittura sia curativa sia per me ma sia per chi l’ascolta. Spesso è una persona che ascolta una canzone in un momento preciso della vita, tragico, felice e cerca di farsi trasmettere delle tue parole, il tuo vissuto, di relazionarsi. Bisogna divertirsi in questo percorso”.