ADV

Mino Abbacuccio, da Made in Sud a Fragili 2: “Vedrete un Renato più coraggioso, salverà tutti. Titì è un personaggio a cui sono molto legato”

ADV

Dal passato a Made in Sud al futuro come attore, Mino Abbacuccio è uno dei protagonisti di Fragili 2. La serie, che racconta temi importanti attraverso uno scontro generazionale, andrà in onda in prima serata su Canale 5 il 13 e il 14 agosto 2025. Scopriamo insieme cosa ci ha rivelato l’attore e comico sul suo ruolo e sul programma che lo ha lanciato.

Intervista all’attore e comico Mino Abbacuccio

Dopo il successo lo scorso anno di Fragili che racconta di un gruppo di anziani che, a seguito di uno sfratto dalla loro casa di riposo, si ritrova a dover convivere con dei giovani in una comunità educativa, arriva ora la seconda stagione. Noi di SuperguidaTV abbiamo chiesto a uno dei protagonisti, Mino Abbacuccio, qualche anticipazione sulla serie, che ricordo ha dei suoi personaggi di Made in Sud (da Saluta a Tità a Sbaglio, passando per Ciruzzo) e dei suoi progetti futuri.

Mino Abbacuccio lei è uno dei protagonisti di Fragili 2, in onda su Canale 5 il 13 e il 14 agosto. Ci racconta un po’ come evolve, in questa seconda stagione, il suo personaggio di Renato?

“Sì. Nella prima stagione c’è stato un ingresso graduale del mio personaggio che venendo da una situazione complicata familiare si stava innamorando di un’operatrice (Angelica) con cui all’inizio c’è stato un tira e molla. Lei non mi dava mai spazio perché era molto attenta a non ferire i sentimenti del figlio che è stato abbandonato alla nascita e aveva quindi già sofferto. Lei aveva paura di farlo soffrire nuovamente per cui mi rifiutava sempre.

È nato anche un po’ un gioco comico tra me e lei, io che cercavo di conquistarla e lei invece che mi rifiutava. La prima stagione di Fragili si chiude lasciando intendere che noi stavamo insieme. Riprendiamo la nuova stagione con noi che ora siamo fidanzati. C’è una prima fase dove io sono sereno: c’è mio padre, c’è una donna che amo e mi sto affezionando tanto a Pippo. Dopo un po’ arriva il dramma: il ritorno dell’ex marito che per 15 anni non si è fatto mai vivo e ritorna creando in me un forte disagio perché in quel momento resto proprio deluso dal fatto che Angelica sembra un po’ più distaccata da me.

Ero dispiaciuto e anche innamorato e tutte queste cose mi fanno vivere una sorta di conflitto interiore verso gli altri perché poi mi pongo anche in maniera nervosa e arrabbiata quando qualcuno mi dà qualche consiglio, come un amico. In Fragili 2, oltre a vivere il mio dramma cerco anche di risollevare un amico che sta vivendo a sua volta una situazione amorosa particolare. Anche lui viene da una storia che si è rotta quindi io da un lato do coraggio, dall’altro invece sto male per quello che mi sta accadendo. Finché poi decido che devo affrontare il mio dolore e cerco di essere lucido per capire cosa sta accadendo. Mi rendo conto che in realtà il ritorno del marito non è per un motivo legato all’amore ma è per i suoi interessi personali.

Da lì tiro fuori un coraggio che è anche insolito e inaspettato nel personaggio di Renato che è stato sempre insicuro, invece da qui inizia ad avere un atteggiamento un po’ più coraggioso fino a che poi verso il finale degli episodi riesce ad essere l’eroe che salva non solo la compagna e il figlio ma anche i ragazzi dell’istituto. Vi faccio uno spolier: ci sarà un incendio quindi io non solo litigherò a botte con il suo ex marito ma salverò i ragazzi, in primis Pippo, e poi gli altri da questo incendio.

Renato è un personaggio che vive tante emozioni: rabbia, malinconia, amore, solidarietà verso questo amico. È un ruolo che mi piace veramente tanto, mi fa vedere tante sfaccettature”.

Lei viene dal teatro e dalla tv. Come è stato entrare in questo ruolo come attore che prova tantissime emozioni?

“Ho sempre lavorato nella costruzione dei miei personaggi per far emergere non solo il lato comico ma anche un piccolo dramma, come in Saluta a Titì dove ho vissuto il dramma dell’infanzia difficile ed è lì che poi nascono i siparietti più divertenti e la comicità esplode. Non ho avuto paura di affrontare innanzitutto un Mino drammatico quindi un Renato che vivesse un dramma, anzi mi ha spronato e mi ha dato modo di esprimermi al meglio rispetto ai tre minuti televisivi dove è obbligato a chiudere in poco tempo quello che è uno sketch comico che fa ridere. Qui posso far vedere tanti lati di me”.

Ci racconta qualche aneddoto divertente che è accaduto sul set?

“Ho avuto la fortuna di fare questa avventura con Salvatore Misticone che è il mio papà all’interno della serie per cui anche i momenti fuori dal set dove stavamo a rilassarci, in hotel, li passavamo insieme. Ricordo perfettamente che erano i momenti dove lui mi raccontava tante cose, tante situazioni anche spesso divertenti. Essendo anche lui un comico cerca sempre di portare un po’ l’allegria al tavolo. Ricordo con piacere quindi le serate tra colleghi e le nostre risate”.

La serie è tratta anche da testimonianze vere e parla di uno scontro generazionale tra anziani e giovani. Quanto è importante al giorno d’oggi costruire legami profondi? È una serie che fa riflettere.

“Sì, è una serie che fa riflettere e vede un confronto generazionale importante. Inizialmente si crea un conflitto con una generazione un po’ più grande e successivamente invece si crea un rapporto molto intenso fatto di consigli, di amore inteso come un nonno che diventa un padre, un confidente, un amico. Si creano dei legami importanti e sparisce quello che è questo ponte generazionale, diventa tutt’uno. Ti ritrovi delle persone magari che erano sole che trovano la loro felicità nell’aiutare i ragazzini e dall’altro lato trovi dei ragazzini che magari hanno avuto delle difficoltà con la propria famiglia che invece si sono affezionati a quelli che sono i ‘nonnetti’ di questa casa”.

Per quanto riguarda ‘Made in Sud’, c’è un personaggio che la perseguita come possiamo vedere dalle foto sui suoi profili social. Come è nato Saluta a Titì e dove trae ispirazione per i tuoi sketch?

“Quando è nato Saluta a Titì ricordo che ero all’inizio e feci i miei primi provini per arrivare lì al Laboratorio dove poi è nasce ed è nato Made in Sud. All’inizio mi presentai con un testo in cui raccontavo un personaggio che non era Saluta a Titì ma era un ‘nonnetto’. Il mio manager mi disse: ‘Tu sei giovane, hai 23 anni. Questo personaggio non ti sta bene addosso quindi cerca un personaggio più nelle tue corde’. Passai a questo ragazzo incompreso che viveva dei conflitti interni mondiali con il fratello, la famiglia, gli amici e che trovava una sicurezza all’interno di questa ‘amichetta immaginaria’ che era Titì, un peluche.

Volevo dare un’impostazione al personaggio e lo ‘rubai’ durante un viaggio in treno da una signora che mi era seduta accanto e che aveva le braccia incrociate con lo sguardo verso l’alto rivolto verso una persona che gli stava difronte e non era un’amica. Parlava e raccontava però mi dava questa idea di personaggio perché diceva cose comiche e drammatiche allo stesso tempo quindi pensai di rubare quel carattere per poterlo dare al mio personaggio di Saluta a Titì. Poi invece trovai il tormentone attraverso vari esperimenti, non sapevo come crearlo e un giorno all’interno del tram nacque l’ispirazione da un’affermazione di una signora che disse all’amica: ‘È vero Titi?’ e l’amica non rispose.

Io da lì diedi il via al mio personaggio rivolgendomi a un peluche, che in realtà non risponde, per coprire quel tempo morto e quindi anche un imbarazzo che si crea in me, io dico Saluta a Titì per smorzare un momento difficile. Racconto le cose a Titì e Titì non mi risponde, chiedo conferma e lei non me le dà. In realtà è una sorta di coperta di Linus che mi sono ritrovato e mi ha dato tante soddisfazioni.

Oggi vengo ricordato ancora per quel personaggio ma è solo un piacere perché poi da lì un artista deve far vedere altre cose. Non fa paura essere etichettato anzi dà un motivo in più per far bene perché si ricorderanno di te per quello che hai fatto e ti vedranno poi in un nuovo ruolo, in una nuova veste”.

Come ha detto lei prima dietro ogni personaggio comico c’era anche un lato drammatico. A quale dei suoi personaggi (Peppe Domanda, il Tatuatore Sbaglio, Ciruzzo) è più legato?

“In Ciruzzo c’è la voglia di tornare in strada, di giocare con gli amici rispetto a una generazione che oggi vive solamente sul web e quindi lontana dalla realtà. Per me giocare a calcio per strada, cercare un amico per giocare a pallone significava tornare al passato. In Sbaglio invece c’era proprio l’elemento dell’errore per far capire che gli errori servono e il fatto di dire ‘quando sbagli, sbagli’ è come dire andiamo avanti e cerchiamo di rimediare.

Ma il personaggio a cui sono più legato è sicuramente Titì, è un personaggio che prende più generazioni, che ha vissuto più degli altri. È un personaggio identificativo, che mi identifica e che ha vissuto altre cose insieme a me che non sono solamente legate al palco ma sono legate all’affetto dei fan in strada, all’affetto dei fan nelle corsie, all’affetto dei fan in posti dove tu non ti aspetti di trovare delle emozioni importanti. Titì era con me in questi viaggi ed è un personaggio che mi accompagnerà per sempre”.

In Made in Sud ha anche incontrato Stefano De Martino che ha condotto il programma. Che ricordo ha di lui?

“Ricordo Stefano al primo anno di conduzione a Made in Sud, era un ragazzino che si divertiva con noi e che già mostrava un talento nel fatto di essere sciolto in quello che faceva. Noi venivamo da un duo, Gigi & Ross, che era straordinario quindi fare un cambiamento non era semplice. Lui si è ambientato, si è divertito con noi e poi ha iniziato la sua strada verso quello che poi voleva fare”.

A lei piacerebbe fare il conduttore?

“Il conduttore non è tra le mie velleità artistiche, penso di non essere all’altezza di condurre un programma. Il mio mondo, il mio futuro, quello che voglio vivere è un set come ho vissuto questi due set di Fragili. Poi voglio fare le cose che mi piacciono, non so dire se sono solo queste o ci sono altre cose”.

Tipo un reality le piacerebbe?

“Un reality mi piacerebbe ma non per il mio percorso artistico ma per la situazione che si potrebbe creare e anche lì cercherei di mettere una chiave comica all’interno del mio personaggio, di tenere un po’ il mio carattere. Però non è la cosa che in questo momento sto cercando. Mi voglio esprimere da un punto di vista attoriale e sento che questo lavoro mi dà le possibilità di farmi vedere in tante sfaccettature e di questo sono contento”.

Ha creato anche un gioco.

“Sì, ho ideato un gioco di società che si chiama Buè e che mi sta dando tante soddisfazioni. Sto investendo del tempo per poterlo far conoscere perché è una cosa che piace e che col passaparola può essere diffusa. Oggi è giocato in tutta Italia quindi sono molto contento perché dopo appena otto mesi, da novembre, ha raggiunto il territorio italiano in tutte le sue Regioni. Ora siamo impegnati in un concorso importante che si terrà a Lucca e speriamo di fare bella figura con questo gioco da indipendente perché sono una etichetta indipendente tra tante case editoriali forti”.

È impegnato anche in un tour?

“Un tour estivo sì che mi vede impegnato con spettacoli in varie piazze del Centro-Sud. In questo momento infatti sono in Calabria”.

Il suo sogno più grande?

“Il mio sogno più grande è continuare a fare quello che amo oppure fare ciò che amo perché secondo me la felicità è proprio in quella cosa lì. Quando uno fa una cosa che ama è felice. Spesso si cerca di strafare o di fare tante cose ma la cosa più difficile è mantenere la propria felicità. In questo momento della mia vita sto facendo delle cose belle e sono felice di quello che sto facendo”.

ADV