L’immaginazione spesso gioca brutti scherzi. Lo scopriranno sulla loro pelle le malcapitate protagoniste di Imaginary, tre donne di altrettante generazioni unite da un vincolo familiare in divenire, pronte ad affrontare un comune nemico in una lotta apparentemente impari, tra realtà e follia.
L’horror da sempre gioca su questo confine sottile e in quest’occasione si è scelto di esasperare ciò che non è semplicemente tangibile nel dar vita ad una situazione via via sempre più spaventosa, almeno sulla carta. E così le allucinazioni diventano dannatamente pericolose, non limitandosi a restare immateriali ma assumendo un connotato puramente fisico, con mondi che collimano in una resa dei conti covante le sue radici in un passato che si credeva dimenticato.
Imaginary: ricordi perduti – recensione
D’altronde Jessica ha letteralmente dimenticato quanto avvenuto durante la sua infanzia e il motivo per il quale suo padre, da allora ricoverato in un letto d’ospedale, perse la ragione. Ora adulta, si è trasferita nuovamente nella casa dove è cresciuta insieme al nuovo compagno Max e alle due figliastre dell’uomo, l’adolescente Taylor e la piccola Alice. Proprio quest’ultima ritrova l’orsacchiotto Chauncey, abbandonato tra quelle mura da ormai moltissimi anni.
Dopo il ritrovamento del peluche, iniziano ad avvenire una serie di strani fenomeni e Jessica si convince che Alice si sia creata un amico immaginario. Ma con il passare dei giorni, durante un’assenza di Max, scopre con orrore che quanto sta accadendo – e che mette a repentaglio l’incolumità della sua nuova famiglia – è legato proprio a quel passato che aveva rimosso e deve riaprire vecchie ferite per fermare il Male prima che sia troppo tardi.
Le vie dell’horror non sono infinite
Produce Jason Blum con la sua sempre prolifica BlumHouse, per un film che si inserisce nella folta schiera di horror contemporanei incapaci di raccontare qualcosa di nuovo. La prima parte è eccessivamente lenta e priva di sussulti, mentre la seconda preme sull’acceleratore di una gratuita visionarietà, con l’ambientazione che si sposta in un mondo di fantasia, tra corridoi e stanze colorate e frutto della mente delle tre figure principali, che cercano incessantemente una via d’uscita da quel pauroso palcoscenico.
Ma i personaggi sono costruiti in maniera schematica e il legame che si crea tra matrigna e figliastre, con tanto di quarta incomoda affidata a un’anziana “babysitter che sapeva troppo”, è artificioso e privo di fondamenta, tra liti e riappacificazioni improvvise. Lo stesso “falso finale” che apre le porte al poi definitivo epilogo, risulta relativamente prevedibile, chiusura rocambolesca e frettolosa di cento minuti avari di effettive sorprese o sussulti.
Il regista Jeff Wadlow, che pur a inizio carriera aveva ben impressionato con l’esplosivo sequel fumettistico Kick-ass 2 (2016) si è perso da tempo e titoli a tema come Obbligo o verità (2018) o Fantasy Island (2020) dimostrano la sua scarsa dimestichezza con un genere che per terrorizzare lo spettatore ha bisogno di ben altro di qualche svogliato jump-scare o di effetti speciali più o meno mirabolanti.
Conclusioni finali
Amici immaginari e paura dell’infanzia in un horror che perde il filo già dopo la prima mezzora, fino a quel colpo di scena di metà visione che riporta il tutto a un passato traumatico e riconsegna la protagonista a un orrore che sembrava sepolto.
Imaginary gioca la carta del fantastico nella parte finale, con gratuiti quanto anonimi squarci visionari che scopiazzano qua e là suggestioni escheriane senza originalità, con mostri e babau a fare la loro comparsa per minacciare la sicurezza di quella tardiva solidarietà femminile tra matrigna e figliastre. Per un film che non fa paura e nemmeno appassiona al destino di quest’improvvisata “famiglia per caso”.