Hana è una studentessa del liceo che ha perso entrambi i genitori in un drammatico incidente automobilistico quando era soltanto una bambina ed è cresciuta con la nonna, ora anch’essa scomparsa. La ragazza, vittima di bullismo da parte delle compagne tra i banchi di scuola, sta attraversando un periodo difficile e i suoi diciassette anni hanno avuto più dolori che gioie.
In Hana e i libri del destino una notte la protagonista fa un sogno particolarmente vivido: si ritrova nell’era Sengoku dove incontra una bambina che sopravvive a stento tra povertà e violenza, in un villaggio devastato dalla guerra e dalle lotte tra i samurai. Tra loro si crea un legame profondo, con Hana che incontra la piccola anche nei sogni successivi. Fino a quando non viene prelevata da agenti governativi e condotta in una struttura segreta, dove scopre una verità sconvolgente: esiste un registro cosmico che contiene i destini di tutti gli esseri umani passati, presenti e futuri. Proprio lì viene a sapere che il mondo è prossimo alla fine nell’arco di due settimane e che proprio lei potrebbe essere la sola persona in grado di salvare l’umanità.
Hana e i libri del destino: a che ora è la fine del mondo? – recensione
Kazuaki Kiriya è uno dei registi giapponesi più interessanti del panorama contemporaneo. Dopo aver rivoluzionato il videoclip musicale negli anni Novanta, il suo esordio per il cinema con il live-action Kyashan – La rinascita (2004) aveva indubbiamente lasciato il segno, con un impatto estetico visivamente affascinante. Uno stile ulteriormente espanso con Goemon (2009), ambientato nel Giappone feudale, e con il sottovalutato Last Knights (2015), tentativo di conquista del mercato internazionale con cast internazionale.
Dopo otto anni di silenzio, il cineasta è tornato dietro la macchina da presa con Hana e i libri del destino, opera dal sapore apocalittico e dalla trama estremamente complessa, che riflette sui mali del mondo contemporaneo attraverso una trama fantastica che sfrutta il contesto onirico quale co-ambientazione del racconto. Proprio nell’amalgamo tra la realtà e il mondo dei sogni infatti si plasmano le dinamiche dove la giovane protagonista si ritroverà a essere elemento chiavi per le sorti dell’intero pianeta.
Tanto da dire e come dirlo
Il problema principale delle due ore e venti di visione, forse una durata squilibrata, risiede nella sua stratificazione narrativa a tratti eccessiva e spesso confusa. Hana e i libri del destino vuole essere troppe cose contemporaneamente: coming-of-age intimista con la piaga del bullismo appena accennata, thriller spionistico con la presenza di agenzie governative segrete, film di samurai nelle fasi dormienti, fantascienza high-concept sui multiversi e i destini alternativi, meditazione filosofica sul fato e il libero arbitrio.
Un meltin’pot al quale non mancano passaggi suggestivi ed emozionanti, in primis quella mezzora finale dove il senso di sacrificio e di altruismo si strugge in un epilogo che non tutti si sarebbero aspettati, ma che soprattutto nella prima parte rischia di non focalizzarsi bene su quanto volesse effettivamente esprimere, rischiando di mandare in tilt chi guarda con un miscuglio di informazioni e risvolti di trama non sempre ben introdotti e contestualizzati.
La sceneggiatura è talmente elaborata e ricca di spunti da non essere paradossalmente esplorata pienamente, con alcune domande lasciate senza risposta e un senso di generale velocizzazione dopo la metà, con alcune figure secondarie lasciate in secondo piano per concentrarsi sul dramma vissuto dalla protagonista e sulla sua lotta contro quelle forze che mettono in pericolo la sua preziosissima missione.
I notevoli effetti speciali e un ritmo incessante che evita tempi morti di fatto garantiscono in ogni caso un solido intrattenimento a tema, indirizzato a quegli spettatori che non sono mai stanchi di nuove apocalissi e che apprezzano quell’approccio tipicamente nipponico nell’adattarsi, filosofia zen docet, a una potenziale fine dei tempi.
Il film è disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video.
Conclusioni finali
In Hana e i libri del destino ogni inquadratura è meticolosamente composta e tratteggiata, con un’attenzione maniacale per cromatismi e illuminazione, trasformando il viaggio tra sogni e realtà della giovane protagonista in un’esperienza visiva di rara potenza. Protagonista diciassettenne che si ritrova a essere elemento centrale per poter prevenire una catastrofe ormai prossima e apparentemente inevitabile, mentre deve affrontare al contempo i propri personalissimi demoni.
Lo stile visionario del regista Kazuaki Kiriya rivive ancora una volta in una messa in scena magniloquente, che spazia dall’epoca dei samurai a un lontano e desolato futuro. La sceneggiatura è densissima, forse anche troppo, e soprattutto nella prima metà non riesce a esprimersi meglio, rischiando di lasciare scoperte alcune sottotrame e di darne altre per scontate. Ma quel sapore da imminente apocalisse, con le sorti del mondo nelle mani di un’adolescente tormentata, riesce comunque a tener alto l’interesse fino ai titoli di coda.