I signori Twit sono le persone più cattive, puzzolenti e disgustose del mondo, gestori di Twitlandia, il parco divertimenti più pericoloso e idiota mai concepito da occhio umano, che viene immediatamente chiuso dalle autorità il giorno dell’inaugurazione. Profondamente arrabbiati per l’umiliazione, i Twit orchestrano la loro vendetta rubando un camion pieno di hot dog liquefatti e utilizzandolo per riempire la torre dell’acqua della città di Triperot, causando un’esplosione e un’alluvione di carne liquida che devasta l’intera comunità.
Nel frattempo Beesha, ragazza dodicenne indo-americana, e il suo amico Bubsy, vivono nell’orfanotrofio cittadino in attesa di un’adozione e, determinati a scoprire i responsabili dello scandalo, si recano a Twitlandia dove incontrano i Muggle-Wump, delle pseudo-scimmie colorate provenienti da Loompaland, imprigionate dai Twit per i loro loschi interessi. Per i due ragazzini sarà l’inizio di un’incredibile avventura.
Gli sporcelli: la carta prende vita – recensione
Phil Johnston, sceneggiatore candidato all’Oscar per Zootropolis (2016) e regista del dittico di Ralph Spaccatutto, si cimenta qui con uno dei classici più amati e controversi scritti da Roald Dahl, celebre autore di libri per l’infanzia. Controverso già dal titolo italiano Gli sporcelli, tradotto in 41 lingue e capace di vendere 16 milioni di copie nel mondo, affascinando generazioni di giovani lettori con il suo humour nero, la sua grottesca celebrazione della bruttezza e la sua morale sovversiva secondo cui le persone cattive finiscono sempre male.
Peccato che a dispetto di quanto ci si potesse aspettare, il film tradisca sistematicamente lo spirito anarchico e gloriosamente disgustoso dell’opera alla base. Nel tentativo di aprirsi a un pubblico il più eterogeneo possibile, questo adattamento si trasforma in una storia di empowerment per i piccoli protagonisti e per le creature magiche oppresse che diventeranno loro compagne di disavventura, un racconto sui pericoli dell’autoritarismo a prova di grandi e piccini. Un messaggio lodevole ma poco affine allo spirito della fonte d’ispirazione.
Senza un’idea chiara
La sceneggiatura è un pasticcio disorganizzato che non sa bene cosa vuole essere. Si salta da una sottotrama all’altra senza il controllo dei personaggi e delle situazioni, con inoltre una serie di personaggi secondari mal caratterizzati e unicamente utili a far procedere la trama su quell’intreccio forzato, tra buoni sentimenti e una retorica che certo sono frutto di un impoverimento narrativo non da poco. La trasposizione rischia così di sminuire il cuore della vicenda e di quei villain “sporchi e cattivi”, in un caos fuori fuoco.
Se dal punto di vista concettuale Gli sporcelli si conferma una delusione, va leggermente meglio nel comparto estetico, con un’animazione discreta nella gestione del character design, del colore e delle ambientazioni. Non tutto però è perfetto, e anche in questo caso si sente una certa mancanza di personalità, ennesimo elemento che impedisce di affezionarsi pienamente a figure sì ben realizzate ma anonime e senza particolari tratti distintivi a supporto. Al punto che spesso viene da tifare per i cattivi, e questo non è proprio un vanto in una produzione si (ri)promette di lanciare un potenziale messaggio.
Il problema è proprio nel fatto che non riesce a bilanciare le sue due anime: né troppo cinico, né troppo stucchevole, nei suoi cento minuti Gli sporcelli si trascina in quell’insicurezza che lo rende una visione del tutto superflua e facilmente dimenticabile.
Conclusioni finali
L’adattamento Netflix del classico di Roald Dahl trasforma una storia gloriosamente disgustosa e anarchica in un racconto confuso sulla rivincita degli ultimi e sulla deriva di certa politica, non riuscendo praticamente mai a emozionare genuinamente e a intercettare un adeguato target di riferimento.
Gli sporcelli si concentra su metafore sociali e lezioni morali fuori luogo e fuori tono, con un’animazione tecnicamente competente ma mai sorprendente e le canzoni di David Byrne e Hayley Williams a inserirsi qua e là in maniera poco coerente e organica. Un prodotto usa e getta per il mercato streaming, che probabilmente deluderà chiunque ami il libro originale o semplicemente desideri un film animato dalla personalità maggiormente distintiva.