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Fabrizio Moro, il nuovo album è “Non ho paura di niente”: “Non ho più paura di invecchiare. La creatività mi ha salvato la vita” – Intervista

ph. SHIPMATE

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Venerdì 14 novembre è uscito “Non ho paura di niente” (BMG), il nuovo album di Fabrizio Moro. “Non ho paura di niente” è il 10° album in studio della carriera dell’artista e segna il suo ritorno sulle scene a due anni e mezzo dall’ultimo progetto discografico. L’album contiene 9 nuove canzoni prodotte da Katoo e caratterizzate da testi introspettivi e attuali, in cui la dimensione intima si intreccia con una visione collettiva. L’anno prossimo Fabrizio Moro tornerà in tour con NON HO PAURA DI NIENTE LIVE 2026, che inizierà con un’anteprima il 2 maggio 2026 al Palazzo dello Sport di Roma e proseguirà poi da ottobre 2026 nei principali club italiani. Noi di SuperGuidaTv abbiamo incontrato e intervistato Fabrizio Moro, ecco cosa ci ha raccontato.

Intervista a Fabrizio Moro: “Non ho paura di niente”, vi presento il nuovo album

Cosa sentivi l’esigenza di raccontare con questo nuovo progetto?

Un periodo di rinascita. Dal post-Covid (2021-2022) fino ad oggi c’è stato un momento complicato soprattutto per i cantautori della mia fascia d’età, cresciuti nell’analogico e catapultati nella musica digitale. Per me che sono abituato a stare anni in studio, non è stato semplice. Il disco mi ha fatto tribolare più del solito finché non è arrivata “Non ho paura di niente”, che ha sbloccato tutta la fase creativa. Da lì sono nate più di 40 canzoni e ne abbiamo scelte 9.

“Non ho paura di niente” è una frase forte. C’è qualcosa che hai dovuto affrontare per dirla oggi?

È uno sfogo, la parte coraggiosa dell’anima che parla. Dentro di noi c’è sempre la parte buona e cattiva, quella coraggiosa e quella vigliacca. Spesso la frase “non ho paura di niente” esce proprio quando hai paura di molte cose. È stata una fase in cui avevo voglia di rimettermi in gioco.

Hai detto di sentirti deluso da ciò che accade nel sistema musicale italiano. Cosa ti fa più arrabbiare del modo in cui oggi si produce e si consuma musica?

Non mi arrabbio, ma mi sento a disagio di fronte a tutta questa fretta. Sono cresciuto in un altro contesto storico, dove si stava anni in studio per fare un disco. La fretta è qualcosa che non riesco a digerire.

Nel brano “In un mondo di stronzi”: è più una provocazione o una realtà quotidiana? Chi sono gli stronzi che hai incontrato?

Quando vedi troppi stronzi intorno a te vuol dire che sei tu il primo stronzo. Se stai bene con te stesso ne vedi meno: quando siamo frustrati o in disequilibrio percepiamo più negatività di quanta ce ne sia davvero.

“Scatole” sembra un brano più intimo. Quali sono queste scatole?

Ho cambiato sei case in dieci anni, ho vissuto tra le scatole a lungo. Ogni volta che le riapro mi rendo conto di quanto tempo sia passato e di quante cose siano successe. Dentro ci ritrovo oggetti e sensazioni che credevo perduti.

In questi traslochi le hai aperte tutte o c’è una scatola che non hai mai riaperto?

Ci sono scatole che non ho aperto, ma so cosa c’è dentro. Preferisco non farlo per ora.

Tornerai a incontrare i fan negli in-store e poi partirà il tour nei palazzetti. Cosa ci puoi anticipare?

È tutto nell’album. Durante la produzione immagino sempre come suoneranno i pezzi dal vivo. Lavoro da vent’anni con gli stessi musicisti, siamo una famiglia. Preparare i brani pensando alla reazione del pubblico è la parte più bella. Oggi i dischi si fanno per suonare dal vivo: per uno che è nato in cantina con il punk e il rock, stare sul palco è la sensazione più forte.

Come è nata la collaborazione con… (l’artista citato)?

Ci siamo conosciuti tramite i nostri manager Mish e Guido. Mi è sembrato subito sincero umanamente e musicalmente. Siamo diventati amici prima della collaborazione. Una sera a cena gli ho fatto sentire una strofa che non riuscivo a chiudere e lui ha cantato l’inciso in tempo reale. Le mie collaborazioni nascono sempre da un’amicizia.

C’è un Fabrizio Moro che non conosciamo: cosa ti piace fare nella quotidianità?

Ho molti hobby. Mi piace andare in moto, mi libera l’anima. E mi piace cucinare.

Cosa ti piace cucinare o qual è il tuo piatto preferito?

Un po’ di tutto. Ho periodi in cui mi fisso con i primi piatti romani (carbonara, cacio e pepe, gricia). Mi piace anche cucinare alla brace. Amo condividere la tavola con tante persone.

Se ti chiedessi non un featuring, ma chi vorresti invitare a cena?

Domanda difficile: la tavola per me è un posto sacro, va condivisa con chi conosci bene. Con gli estranei mi sento a disagio. Non mi viene in mente nessuno in particolare. Preferisco una tavola numerosa, circondato dalle persone che amo.

Negli ultimi anni hai diretto due film. In che modo questa esperienza ti aiuta nella musica?

Il cinema è nato come un’ancora di salvezza durante il Covid, quando non potevo suonare. Le sceneggiature sono state scritte in quel periodo con Alessio De Leonardis. Cinema e musica vanno di pari passo: il cinema mi ha sempre ispirato. Anche il brano con cui ho vinto Sanremo Giovani nel 2007 è nato dopo aver visto un film. Ancora oggi alcune scene o musiche mi ispirano altre musiche.

C’è una serie che stai guardando ultimamente?

Guardo serie in continuazione, anche in viaggio e in tour. Non riesco a dormire se non guardo qualcosa. In questo momento sto guardando Dexter, credo la stagione Resurrection.

Di cosa non ha più paura oggi Fabrizio Moro?

Di invecchiare. Prima mi spaventava, ora no.

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