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Alessandro Celli racconta RIV4LI : “È la storia degli insider e degli outsider. Raccontiamo tematiche che sono vicine ai ragazzi di questa età”

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Grande attesa per RIV4LI la nuova serie Netflix disponibile sulla piattaforma dal 1 ottobre 2025. In 14 episodi vengono toccati tantissimi temi: dall’adolescenza alla nascita della rivalità tra gruppi, dal cyberbullismo alla costruzione dell’identità. Tutto con un linguaggio chiaro che arriva in modo diretto ai telespettatori e sopratutto alla generazione alpha. Scopriamo insieme cosa ci ha rivelato il regista su questa serie e su alcune scelte narrative.

Intervista ad Alessandro Celli, regista di RIV4LI

Dopo aver diretto DI4RI, Alessandro Celli esplora con ancora più attenzione l’universo dei giovanissimi con RIV4LI. Il primo episodio della serie è stato presentato in anteprima al Giffoni riscuotendo molto successo tra i ragazzi presenti. Noi di SuperguidaTv abbiamo chiesto al regista come è stato lavorare con un cast di attori emergenti (Samuele Carrino, Edoardo Miulli, Kartika Malavasi e Melissa Di Pasca), di cosa parla la serie e come evolverà.

Com’è stato girare con un cast di giovanissimi una serie che si rivolge principalmente ai giovani?

Questo è un format che conosco bene, che abbiamo già visto con DI4RI. Noi siamo nel mondo dei DI4RI ma raccontiamo in questa nuovissima serie un nuovo mondo, cioè è il mondo di Terry che si trasferisce a Pisa e che trova un ambiente complicato, un ambiente inizialmente ostile dove ci sono delle fazioni. È la storia degli insider e degli outsider. Io mi trovo sempre molto a mio agio, la considero una specializzazione del mio ruolo di regista che include quello anche di cercare nuovi talenti e per questo nuovo cast abbiamo fatto una ricerca veramente molto lunga dei protagonisti che credo che siano molto ben assortiti, anche perché sono molto complici, tra di loro hanno legato, si sono divertiti“.

La serie parla di tantissimi argomenti: la rivalità tra i giovani, il cyberbullismo. Qual è il messaggio principale che deve emergere?

“Io non parlerei proprio di un messaggio o dell’intento di dare messaggi, noi cerchiamo di fare uno spaccato che possa trattare le tematiche che sono vicine ai ragazzi di questa fascia d’età e quindi siamo molto attenti a raccontare il mondo in modo che sia da loro riconoscibile, condivisibile. Da regista lo dico sempre, il nostro lavoro è quello di far scivolare lo spettatore nella storia, cioè di accompagnarlo e loro su me l’hanno capito molto bene e lo vedo anche dal rapporto che hanno col pubblico quando lo incontrano. Avete visto a Giffoni c’è stata un’accoglienza importante e quindi sono fiducioso che le nostre tematiche siano poi uno stimolo per lo spettatore di seguire la storia fino in fondo e di magari condividere quello che faranno i nostri protagonisti”.

A proposito di abbattere la barriera e la distanza col pubblico, i protagonisti parlano anche direttamente nella camera.

“Sì, questo è proprio un tratto distintivo del nostro format, l’idea di parlare senza filtro a un coetaneo prima ancora di rivolgersi a un genitore per esempio”.

Senza fare troppe anticipazioni, si parla di questo muro che si creerà all’interno della scuola che poi verrà abbattuto, cosa significa il muro?

“Parliamo del muro come di barriera da abbattere nel sociale, banalmente nell’ingresso di Terry in questo nuovo contesto che sia una città nuova, una ragazza che viene dalla Capitale, arriva in una città più piccolina che sente più stretta. Si sente anche costretta dai genitori a trasferirsi. C’è una prima barriera nei confronti dei genitori, c’è poi una barriera tra insider e outsider che sono le prime rivalità che scoprirà nella classe che derivano direttamente dal fatto che c’è un leader un po’ prepotente che però è anche un personaggio carismatico”.

Come diceva lei prima, c’è una sorta di continuità con DI4RI, invece la differenza principale?

Secondo me dobbiamo sganciarci dal paragone con DI4RI, nel senso che più di far parte dello stesso mondo, avere il format e l’idea di stare vicino al pubblico e ancora una volta raccontare questa età però dal punto di vista dell’inclusività, la differenza è che noi abbiamo cambiato città, abbiamo cambiato cast, teniamo la fascia d’età a cui vogliamo parlare e il modo, il tono“.

C’è qualcosa di suo, della sua esperienza personale nella serie?

Tutto, tutto, sennò che ci sto a fare? Il mio lavoro chiaramente, lo dico sempre ai ragazzi, soprattutto a un cast di esordienti, il lavoro del regista non è fare le inquadrature, quello lo fa l’operatore. Il mio lavoro è quello di tenere il timone sulle emozioni, le tematiche, per esempio l’arco evolutivo dei ragazzi, che loro siano coerenti con i propri sentimenti, visto che la storia viene scomposta e girata in ordini differenti. Quindi io con loro lavoro sulle emozioni e quindi non posso non trarre dalla mia esperienza di eterno bambino che si trova a lavorare su questi format.

Per esempio loro dicono sempre: ‘il personaggio mi somiglia tantissimo’. Beh, se sei stato scelto è perché hai delle caratteristiche per incarnare al meglio quel ruolo e poi però devi comunque raccontare esperienze che non hai ancora vissuto e lì insomma, è lì dove arriva il regista a dire: ‘guarda qui probabilmente faresti questo, ti rivolgeresti a un amico vicino’, cose che magari a noi, a me e agli sceneggiatori è capitato di viverle ma a loro che hanno 14 anni no“.

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